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Usa no alla terza dose di vaccino Covid. Ma in Israele funziona

Infettivologia Redazione DottNet | 19/09/2021 18:41

Chi è stato vaccinato ha avuto 19 volte meno probabilità di avere una grave malattia da Covid rispetto a chi è stato vaccinato con due dosi e la probabilità di contagiarsi è scesa di 11 volte

Il panel della Food and drug administration si schiera contro l'amministrazione Biden sulle somministrazioni dei booster delle vaccinazioni contro il Covid. Sabato scorso il comitato scientifico dell'ente regolatorio ha infatti bocciato in maniera netta la possibiltià di un richiamo per tutti gli over 16.  Il mese scorso il portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki aveva ventilato l'ipotesi che sarebbe stata somministrata una terza dose a tutti gli over 16 dopo otto mesi dalla seconda somministrazione, ricorrendo ad un vaccino di Pfizer o Moderna. L'annuncio aveva suscitato forti discussioni e tensioni con la Fda perché non era stata consultata. In Italia per il momento la terza dose è stata approvata solo per alcune categoria.

Eppure, secondo l'esperienza israeliana, la terza dose funziona - anche se non è noto quanto potrà durare l'efficacia -, come confermano i dati  diffusi dal database del Ministero della Salute israeliano che riguardano 1.137.804 persone di età pari o superiore a 60 anni e che erano state completamente vaccinate 5 mesi prima, monitorate nel periodo dal 30 luglio al 31 agosto 2021. Infatti chi è stato vaccinato ha avuto 19 volte meno probabilità di avere una grave malattia da Covid rispetto a chi è stato vaccinato con due dosi e la probabilità di contagiarsi è scesa di 11 volte. Nell’analisi primaria, gli studiosi hanno confrontato il tasso di infezioni Covid e il tasso di malattia grave tra coloro che avevano ricevuto la terza dose almeno 12 giorni prima (gruppo di richiamo) e coloro che non avevano ricevuto la terza dose, ma erano completamente vaccinati. Nell’analisi secondaria è stato valutato il tasso di infezione da 4 a 6 giorni dopo la terza dose, rispetto al tasso di almeno 12 giorni dopo il richiamo. I risultati hanno mostrato che nel gruppo vaccinato con la terza dose da almeno 12 giorni, il tasso di infezione era inferiore di 11,3 volte, il tasso di malattia grave era inferiore di un fattore di 19,5. Nell’analisi secondaria il tasso di infezione confermata almeno 12 giorni dopo la vaccinazione era inferiore al tasso dopo 4-6 giorni di un fattore di 5,4. Ogni giorno durante il periodo da 12 a 25 giorni dopo aver ricevuto la terza dose, il «gruppo di richiamo» ha avuto un tasso di infezione confermata inferiore a quello del gruppo «senza richiamo» di un fattore da 7 a 20. Gli studiosi spiegano che la terza dose, in presenza di variante Delta, riporta l’efficacia del vaccino tra i soggetti che hanno ricevuto il richiamo a circa il 95%, un valore simile all’efficacia del vaccino «originale» riportata contro la variante Alfa.

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La durata delle seconde dosi

Pfizer

Pfizer risulta efficace al 91% nel prevenire ricoveri due settimane dopo la seconda dose. Ma passati 120 giorni, la copertura sulle ospedalizzazioni cala al 77%. Dati che sembrerebbero in linea con una ricerca britannica del mese scorso che ha osservato come Pfizer sia stato efficace all'88% nel prevenire l'infezione dopo un mese dalla seconda dose. A distanza di 5 o 6 mesi la protezione scendeva al 74%. Nell'analisi britannica - va specificato - si parlava però di protezione dall'infezione e non dalle ospedalizzazioni. I numeri del Cdc, invece, sono in contrasto con altri studi secondo i quali l'efficacia del siero Comirnaty contro i ricoveri resterebbe sopra il 90% nel tempo e nonostante la variante Delta.

Moderna

Lo studio Cdc 'premia' Moderna: il siero a 120 giorni dalla completa immunizzazione sarebbe il più efficace tra i tre vaccini presi in esame. Il tasso di protezione di Spikevax dopo 4 mesi resta al 92%, in linea con il 93% iniziale.

Johnson & Johnson

Nella ricerca non figurano dati "comparabili" per Johnson & Johnson dal momento che il campione non includeva abbastanza persone a cui era stata somministrato il siero Janssen. Che però mostra un'efficacia in calo al 68% dopo soli 28 giorni. Dati che si aggiungono a quelli diffusi dall'azienda farmaceutica in luglio secondo cui il vaccino di J&J sarebbe "efficace all'85% contro le forme gravi/critiche della malattia" e offrirebbe "una protezione completa contro l'ospedalizzazione e la morte". Il colosso Usa sottolineava come le risposte immunitarie fossero perdurate per "almeno 8 mesi".

Astrazeneca

Lo studio Cdc non prende in considerazione ovviamente AstraZeneca, mai utilizzato negli Stati Uniti. A disposizione abbiamo lo stesso studio britannico sopracitato per Pfizer e basato sui dati di 1,2 milioni di utenti dell'App Zoe Covid. La ricerca, realizzata in collaborazione con il King's College di Londra e finanziata dal Dipartimento della salute e dell'assistenza sociale, mostra come la protezione dall'infezione al Covid scenda dal 77% a un mese dalla seconda dose al 67% dopo 4 o 5 mesi. Un calo di circa 10 punti percentuali.

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